Dylan Dog 666


Non è così facile spiegare cosa è successo. E neppure spiegarlo.
Nel 399 il mondo finisce. Nel 400 c'è un confronto/scontro tra creatura e creatore e nel 401 c'è un nuovo Dylan Dog. Ma dopo sei albi scopriamo che forse così nuovo non è.

Forse non è così difficile spiegarlo. Questa lunga storia è stata una fase di ripensamento del personaggio in cui vengono contestualizzati alcuni passaggi della sua vita (la mai spiegata famiglia adottiva di Dylan), meglio posizionati i personaggi di Rania e Carpenter ed effettuati alcuni cambiamenti secondari, ma non marginali. Alla fine ritroviamo il suo personaggio perfettamente riconoscibile nelle sue caratteristiche fondamentali, ma allo stesso tempo diverso.

Roberto Recchioni è come sempre abilissimo nel tenere alta l'attenzione su gran parte di quello che fa. In questo caso, con un'abile mossa da prestigiatore, per gran parte della storia fa pensare di muoversi in una direzione mentre il suo scopo è solamente quello di mettere a posto alcune situazioni del contesto in cui il personaggio si muove. Per farlo sfrutta le incongruenze che c'erano nei primissimi albi della serie, gli spunti prima suggeriti e poi abbandonati, e le smonta, le analizza e le ricostruisce inserendole all'interno di un percorso di crescita e di formazione. Quelli che potevano essere degli errori o delle incongruenze trovano ora una spiegazione.

Il gioco funziona. Mette prima di tutto in prospettiva la lunga "saga della meteora" (troppo lunga, non sempre a fuoco) e la sua conclusione nel 399 (confuso e grossolano nel voler spiegare troppe cose in troppo poco spazio). Il "nuovo" Dylan Dog ha adesso un passato coerente da esplorare. I nuovi rapporti con i personaggi di Bloch e Rania offrono molte opportunità narrative che vedremo se saranno sfruttate a dovere.
 
C'è poi la storia in sè. Che è lunga e articolata, che fa vedere tantissime cose, ma che non è esente da difetti. Personalmente ho trovato molto più efficaci i numeri dispari. In quelli pari ho trovato delle macchinosità e degli eccessi che forse potevano essere gestiti meglio. Mater Morbi è un personaggio che andrebbe usato con più parsimonia. La morte di alcuni personaggi, soprattutto nell'ultimo albo, non ha il giusto carico di emozioni e viene sommerso dalla necessità di raccontare alcuni passaggi narrativi. L'atmosfera è però quella giusta. Avvolge e trasporta in questo lungo percorso, stimola riflessioni, provoca reazioni a volte anche accese, ma non è mai noiosa o banale.

Gran parte della riuscita dell'operazione è dovuta a Corrado Roi. Uno dei disegnatori storici della serie, per anni forse il più iconico e riconoscibile, ha passato un lungo periodo di stanchezza che lo ha portato a produrre tavole non all'altezza della sua fama. Dopo l'uscita della miniserie da lui pensata e realizzata, UT, c'è stato un notevole cambio di stile e la qualità del suo lavoro è salita notevolmente. Qui lo troviamo forse all'apice della sua già florida carriera. Anche gli apporti di Nicola Mari e dei più giovani Sergio Gerasi e Giorgio Pontrelli sono molto efficaci, raccontando parti della storia molto adatte ai rispettivi stili.

L'operazione è riuscita. Non era quello che mi aspettavo, non sono ancora sicuro che alcuni dei cambiamenti proposti mi convinca o meno. Ma ha tenuta alta l'attenzione e, pur con i difetti di cui sopra, nel complesso ha divertito.         

Per il resto c'è il Dylan Dog Oldboy.

Dylan Dog 401/406 - Sergio Bonelli Editore

Copertine: Gigi Cavenago
Soggetto e sceneggiature: Roberto Recchioni
Disegni: Corrado Roi, Nicola Mari, Sergio Gerasi, Giorgio Pontrelli
Brossurato, 94 pagine, bianco e nero
3,9 euro (ognuno)

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