Il cacciatore di aquiloni - Khaled Hosseini


Non lo avrei mai letto.

Ma a Natale e il giorno del tuo compleanno quello che leggi lo decidono parenti e amici.

E Daria è un'amica particolare. Una che mi chiede di farle da testimone di nozze ma che si dimentica regolarmente di quando compio gli anni. E che decide di farmi un regalo così, perchè le fa piacere, proprio quel giorno!

L'ho letto un pò per farle piacere, un pò perchè effettivamente mi incuriosiva e ho scoperto solo dopo che si tratta di un libro di successo.

In effetti non mi stupisce. Il romanzo ha tutto per attrarre un pubblico molto ampio. E' molto scorrevole, ha dei personaggi molto forti e accattivanti, fa leva sui sentimenti di chi legge, è ambientato in un mondo che incuriosisce.

E' un libro che vuole raccontare una storia, ma che non ha nessuna fretta di farlo. Parte da lontano, prima vuole presentare per bene i personaggi, il loro mondo, le basi su cui poggerà tutta la seconda parte della storia. E in questo l'autore è molto abile, soprattutto nel descrivere con molta chiarezza e semplicità un modo di pensare e le tradizioni di una nazione molto lontana da quella occidentale.
Un libro che sembra avere un approccio laico, ma che ha nella tragica riscoperta della religione musulmana il suo momento di massima emotività.

Ma è anche un libro che procede con un crescente continuo di tensione. Un libro che promette un lieto fine, ma che te lo fa penare fino alla fine e che nell'ultima pagina te lo fa a malapena intravedere, lasciandoti con il desiderio di sapere cosa succederà dopo.

Come spesso capita i livelli di lettura sono più di uno.

Da una parte abbiamo la storia dei personaggi. Sarà che tratta di due miei nervi scoperti come il rapporto conflittuale tra padre e figlio e quello dell'amicizia tradita, ma dal mio punto divista è impossibile non riuscire a farsi coinvolgere dai rapporti che legano Amir, Baba e Hassan.

Cambiano le tradizioni, cambiano le mentalità, cambiano i paralleli, ma alla fine le cose che fanno piangere, che fanno ridere, che fanno pensare, che fanno male a un uomo sono sempre le stesse.

La buccia avrà anche un colore diverso, ma il frutto è sempre lo stesso.

Ma dietro i personaggi c'è tutto un mondo un mondo che pulsa e che vive. Un mondo per noi così lontano, ma che ha delle ricchezze e delle sfaccettature che a noi sfuggono ma che possono e che devono essere conosciute per poterlo capire a fondo. Un mondo fatto di cultura, di tradizione, di riti, di storia, di tragedie che si sono succedute e che hanno costruito la realtà che oggi vediamo, in maniera molto superficiale, filtrare attraverso i media.

Hosseini non risparmia gli sforzi per cercare di rendere accessibile a chi legge quello che sta intorno a quel popolo e lo fa in maniera egregia.

Mi viene da pensare, così come avevo pensato dopo aver letto Persepolis di Marjane Satrapi, come però questi affreschi (parziali?) siano sempre raccontati dalla borghesia di Afghanistan e Iran, da chi aveva e poi non ha avuto più. Ma forse è normale visto che chi non ha avuto mai e deve lottare quotidianamente per mettere insieme un pasto non ha molto tempo per mettersi a fare della filosofia.

In terza di copertina c'è scritto che il romanzo è stato opzionato dalla Dreamworks di Spielberg. Vederlo diventare un blockbuster per famiglie un pò dispiace, ma probabilmente è inevitabile.

Ma almeno sarà difficile dar fare a Tom Hanks la parte del profugo afgano!

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