Il pieno, grazie.


Eroi di paese.

Quando piccolo, ma piccolo piccolo, ricordo che a Natale in paese arrivavano gli autoscontri. Era una gioia immensa, un appuntamento immancabile che si aspettava per mesi e che segnava immancabilmente il periodo festivo. In quelle settimane quello diventava il centro del nostro mondo, il perno attorno a cui ruotava il nostro piccolo mondo.

C'eravamo noi a caccia di caramelle e di qualcosa di diverso di una partita a pallone nel campetto dietro la chiesa. E poi c'erano i ragazzi più grandi. Quelli che con aria da veri duri si scambiavano le prime sigarette o che cercavano ogni pretesto per scatenare qualche zuffa. E quando ne scoppiava una nel mezzo c'era sempre lui.

Passano gli anni e si cresce. Ma in un paese si sa sempre tutto di tutti e le sue imprese non passavano inosservate. Si diceva che da tifoso juventino fosse diventato uno dei fondatori dei Nuclei Anti Granata e che fosse oramai interdetto all'ingresso di tutti gli stadi d'Italia.

Quando il Liverpool venne a giocare per la Coppa Uefa contro il Genoa tutti erano sicuri che stesse organizzando qualche ritorsione.

Anni silenzio.

L'ho rivisto tempo dopo quando per un certo periodo è venuto ad abitare vicino a casa mia. Sempre elegante, lo sguardo deciso, il fisico perfettamente scolpito, i capelli corti. Si diceva facesse il rappresentante. Anche in quel periodo non siamo diventati amici. Ci si salutava e finita lì.

Poi è scomparso.

L'ho rivisto in televisione.

Tutti ricordano la vicenda di Fabrizio Quattrocchi e degli altri tre ragazzi rapiti in Iraq ed è quindi inutile riassumerlo. Tutti si sono fatti un'idea. Chi li ha difesi, chi li ha ripudiati.

Io non li ritengo degli eroi o delle vittime, ma credo che quando Enrico Deaglio disse sulle pagine dell'Unità "Ma siamo sicuri di rivolerli indietro?" una delle cose più agghiaccianti che mi siano ma capitate di sentire.
In quel periodo vedevo spesso don Giovanni, vice parroco della Parrocchia di San Martino d'Albaro. La Parrocchia di Fabrizio.
E ricordo che don Giovanni mi lo descriveva come un ragazzo tranquillo che aveva cercato un modo per fare un pò di soldi e potersi sposare.
Tutti siamo clementi con i morti, i preti in modo particolare.
Non mi piace giudicare. E poi sono abbastanza disincantato da sapere che certe cose succedono e non bisogna scandalizzarsi troppo. Ho colleghi che raccontano con molta tranquillità di cosa si trattasse lavorare in Algeria nel periodo degli attentati contro gli europei o nell'Iran di Komeini.
E che ricordano come spesso venissero scortati da milizie para-militari fornite direttamente dalla Farnesina.
Gianni poche settimane fa ha raccontato che quando era in Yemen aveva rifiutato la scorta perchè preferiva tenersi il suo mitra in macchina.

Ma tornando all'Iraq, i rapiti furono quattro. Ma ci fu un quinto che ebbe la fortuna di andarsene qualche giorno prima.

Era lui.

L'ho riconosciuto subito quando apparve in televisione in mezzo a una marea di giornalisti. La solita esspressione dura, la solita pettinatura. Ebbe il suo momento di gloria, venne intervistato in alcuni talk show.
Poi è ritornato nella quotidianità di paese, quella che presto dimentica e ritorna a piegarsi su se stessa.

Dicevano che erano stati mandati a difendere gli interessi delle compagnie petrolifere.

Lui ha continuato.

Stamattina ho visto che sta facendo il benzinaio nell'unica stazione del paese!

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